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Busy Family

A breve in uscita il disco dei nostri amici Busy Family.

Intanto un link a un'anteprima e la recensione di Federico Freddy Balzan.

http://www.reddarmy.com/artists/busy-family/

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Busy Family | Advice for your next failure | ReddArmy, 2012

Il paradigma per giudicare un disco viene spesso fissato sulla capacità di innovazione, su quanto il primo ascolto possa suffragare la percezione di non aver mai sentito qualcosa di simile prima di allora.
Ebbene, ciò è indubbiamente vero e saliente per i dischi seminali, ossia quelli che hanno sancito uno spartiacque - non solo per la loro qualità musicale ma anche per il loro contesto temporale, storico, sociale e geografico - tra un prima e un dopo. Ciascuno può ricercare nella propria esperienza personale questi dischi anche se, come è noto, ve ne sono alcune decine che sono assurti a questo ruolo a livello collettivo in modo pressoché unanime. E stiamo parlando di autori grandissimi.

Detto ciò, è doveroso domandarsi se questo indicatore - il fattore sorpresa - sia sempre onesto, a fronte dell’ormai pluridecennale vita del rock e dell’aumento di persone che contribuiscono ad una produzione sempre più vasta e contaminata, in cui i richiami e le consonanze sono frequenti.

Con Advice for your next failure dei Busy Family siamo di fronte ad un disco che, pur non suonando come qualcosa di mai ascoltato prima, certamente sa proporre in maniera onesta e densa - ossia con una qualità di composizione che si mantiene di alto livello per tutto il tempo - la propria musica fatta di miti e citazioni.

Dopo il breve intro, che avvia al tema esposto nel titolo, il disco parte con atmosfere “circensi”, per citare un’espressione dello stesso Simone Zampieri, frontman e autore di testi e composizioni. Drowning plans, scelto come singolo, con brusche frenate e ripartenze punta a farsi ricordare al primo ascolto, mentre la successiva Clyde Beatty è ancor più deliziosa con i suoi inserimenti minimali di tuba e l’andamento brioso e vitale. La forza melodica e le divagazioni buffonesche del pezzo ricordano nientemeno che l’eclettismo di Sgt. Pepper, ed ovviamente è un grande complimento. 

In The story begins il meraviglioso timbro di Martina Silla e la costruzione della canzone fanno inevitabilmente venire in mente le stagioni più feconde della produzione R.E.M., quelli che da Document in poi, per un decennio, seppero creare nel pop un sottogenere colto, nobilitandolo. Il duetto tra Zampieri e la Silla è egli stesso un piccolo capolavoro pop, con quei due minuti oltre i quali è inutile dilungarsi, poiché il mistero svelato è già stato risolto.

The busy family è il manifesto del gruppo, non solo per l’omonimia del titolo. Concepito come inno, cavallo di battaglia, divertissement che si presta a infinite riproposizioni e dilatazioni dal vivo, tra dialoghi di tromba e trombone e cori allucinati. Il riff che costituisce l’ossatura del brano e la melodia del canto vestono i panni e la forza dell’immediatezza, con in più la raffinatezza dell’inserimento discreto dei fiati.

La digressione ulcerosa di You’ll die chiude la prima facciata, guidata dal basso di Mauro Da Rold, abile nel tessere i riff essenziali di una sezione ritmica che si completa nel contrappunto preciso - e talvolta fantasioso - della batteria di Gabriele Starini. Intorno, aleggia il senso di urgenza che si amplifica coi fraseggi nervosi della chitarra di Giorgio Pacileo.

In the dark si avvia con una strofa un po’ anonima, per poi prendere quota con l’aperta e solenne melodia del coro, infine rimanendo un po’ irrisolta nel finale. Canzone più che dignitosa, con la sfortuna di condividere i solchi con pezzi decisamente superiori.

La successiva On a night like this ci riporta su alti livelli, proponendo un motivo circolare imperniato sul gioco alternato di quarte e settime, concepito per essere eseguito in un vorticoso crescendo, tra echi di e-bow, ariose accelerazioni e morbide ed impalpabili attenuazioni. Un buon pezzo corale, per grandi spazi sotto cieli vasti, forse il più calzante per il timbro di Zampieri, qui in un’interpretazione molto sentita, fiancheggiata da cori strategici.

L’introspezione dei testi di Zampieri - spesso velati di intimismo, attitudine al nonsense e descrizioni di circostanze paradossali - si traduce sovente in un canto minimale e sofferto, con interpretazioni che coinvolgono l’ascoltatore in un rapporto a fior di labbra, intermediario il microfono.
Su tutte, spicca One of them, il cui passaggio dell’accordo in minore semplicemente e sorprendentemente emoziona, così come altri milioni di passaggi in minore: da Paul Simon a Richard Ashcroft, da Tim Buckley a Ivano Fossati. Ma, pur nella semplicità della costruzione, mai come qui il distinguo tra un accordo suonato con mestiere e un accordo suonato con stile è evidente. Qui siamo, pleonasmo da dire, nel secondo caso.
L’arrangiamento tumultuoso di archi, la pulizia del piano di Marco Corsi, l’interpretazione palpitante del canto e il testo corrosivo la rendono probabilmente la gemma del disco, omaggio agli assenti della nostra vita che definiscono la nostra personalità anche grazie al vuoto che lasciano.

Dopo una breve parentesi strumentale, spunto di Pacileo con chitarra acustica, ci si avvia alla chiusura con la ballata Easy thing (song for a friend), riflessione su delicati temi introspettivi. Dalla ben nota costruzione chitarristica dei brani, con geometrie di accordi a impostare il canto e l’inserimento progressivo degli altri strumenti, si veleggia con una superba melodia e un tappeto di organo ed archi, su cui il basso di Da Rold si innesta con originale ritardo sulla risoluzione del coro liberatorio, accentuandone la drammaticità.

Infine, chiusura alla grande con Hugh Grant, a cui si perdona la scolasticità dell’arpeggio iniziale a fronte dell’imbronciata melodia del canto, dall’andatura stralunata e stupenda. Troppo facile da definire ninna nanna, in realtà è un mantra suonato sognando di essere distesi su una nuvola, mentre la malinconia della voce ci rammenta la crudezza del terreno su cui siamo posati.
Non ci sono dubbi, Hugh Grant è un capolavoro.

Nell’ascoltare dischi come Advice for your next failure in genere si auspica la ripetizione della prova, augurandosi un pizzico di sperimentazione per l’album successivo. Tuttavia, talvolta l’impressione è che le sperimentazioni rischino di impantanarsi in un’attenzione miope al suono, alle fughe disarmoniche, allo stupire a tutti i costi.
Più onestamente, sebbene sia difficile immaginare la strada verso la quale i Busy Family si orienteranno in futuro, viene da sperare in una nuova raccolta di canzoni come queste, dal taglio semiacustico, pronte a svelare nuove vincenti melodie.

Una considerazione per concludere. Molti sono gli amici intervenuti nel disco dei Busy Family, in qualità di musicisti addizionali oppure nel coro bislacco e alcolico sul finale del pezzo omonimo, quasi a suggellare l’ampiezza del progetto verso una “famiglia” allargata di collaboratori, ispiratori, coadiutori. Un po’ come fu Peter Sinfield per i King Crimson, citato unicamente come fautore di “illuminazione” tra i credits di quel primo loro folgorante disco.
Una illuminazione della quale i Busy Family fanno intravvedere i primi bagliori.

Un grande esordio.
Voto: 8,5/10

*** *** ***

Busy Family
Advice for your next failure
ReddArmy, 2012

Simone Zampieri: canto, chitarra acustica.
Mauro Da Rold: chitarra basso.
Marco Corsi: tastiere, mandolino, glockenspiel, cori.
Giorgio Pacileo: chitarra elettrica, chitarra acustica, cori.
Gabriele “Jib” Starini: batteria.

Tracklist:
1. The failure
2. Drowning plans
3. Clyde Beatty
4. The story begins
5. The busy family
6. You’ll die
7. In the dark
8. On a night like this
9. One of them
10. Peace at last
11. Easy thing (song for a friend)
12. Hugh Grant

Durata: 35’ 10’’

Etna, che sorpresa!

E' normale pensare che la neve sia a nord. Quasi una sorta di istinto. E la sorpresa di sciare sull'Etna (e su che neve!!!) non ha più confini...

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(Tutti i diritti delle immagini sono riservati)

Skilift in Palantina. Business o fallimento?

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Nel luglio del 1726 Alessandro Gogna, uno dei più famosi alpinisti italiani, ma anche scrittore e storico dell'alpinismo, nell'ormai lontano 1987 iniziava il suo libro " Sentieri verticali-storia dell'alpinismo nelle Dolomiti: gli itinerari" con la notizia di due botanici che, nel luglio del 1726 salirono la cima del Cimon del Cavallo. I due studiosi, il farmacista veneziano Pietro Stefanelli, assieme all'amico bolognese Giovanni Zanichelli, famoso botanico, lo è ancor oggi, andavano alla ricerca del "Giardino della Madonna", un luogo mitico che, nelle leggende locali, doveva essere ricco di fiori sconosciuti e rare erbe medicinali dagli straordinari poteri terapeutici e vi trovarono effetivamente una notevole quantità di specie. Ma non riuscirono a resistere al richiamo della vetta e, dopo aver raccolto molti esemplari di quella flora particolare, salirono fino alla vetta, usando

alberola IMG 018addirittura degli scarponi con dei primitivi ramponcini, chiamati da loro "grappelle". Di questa esperienza essi lasciarono una relazione e Gogna fa iniziare l'alpinismo dolomitico inteso in senso moderno, cioè documentato da una testimonianza scritta ( cacciatori di camosci, bracconieri e contrabbandieri non sono mai stati usi alle relazioni scritte per comprovare le loro attività piùo meno lecite...), da quella salita ad una cima sicuramente non tra le più note e che viene normalmente relegata alla categoria "secondaria" delle Prealpi.

Per il massiccio Cansiglio-Col Nudo-Cavallo un bel record: la storia dell'alpinismo dolomitico comincia da qui, ma anche molte altre storie sono racchiuse tra i confini di questo rilievo, spesso ancora poco conosciute ed in attesa di essere riscoperte, basti pensare a quanta importanza ha assunto negli ultimi anni quest'area per l'archeologia preistorica e le sue torbiere che permettono di leggere l'evoluzione del clima dalla fine dell'ultima glaciazione in poi sono diventate famose, tra gli studiosi di paleobotanica in tutta Europa.

Dunque il Cansiglio è una specie di miracolo poichè in esso è ancora possibile individuare l'evoluzione della Terra ( gli antichi mari, le rocce calcaree, l'orogenesi alpina, il cambiamento degli ambienti naturali..) e sopra a questa i segni della presenza umana dalla preistoria al giorno d'oggi. Come non pensare, davanti a una tale schiera di elementi di interesse scientifico e storico, a una tutela molto rigorosa? Una protezione che non per forza deve portare solo a regole e divieti ma che proprio da questi elementi parta per creare anche economia attraverso un utilizzo turistico e sportivo rispettoso ed evoluto.

Ed invece da oltre trent'anni tutto il dibattito su Cansiglio e i suoi dintorni non è centrato sul come tutelarlo e come conservarne l' unicità ma sul fare o non fare impianti di risalita sul versante veneto, su quanto può epandersi ancora il Pian Cavallo, stazione turistica invernale con vista mare, nei giorni limpidi si vede benissimo tutta la laguna tra Chioggia, Venezia, Trieste ed oltre, che ha succhiato un'incredibile quantità di denaro pubblico ed ancor oggi, in periodi di crisi profonda, reclama ogni milioni di euro come fosse un diritto.

Il gruppo del Cavallo è diventato famoso per lo sci alpinismo, tanto che negli ultimi anni vi sono state organizzate parecchie gare di coppa del mondo, ma questo importante evento sportivo può essere visto in due modi totalmente contrapposti: da una parte chi chiede di lasciare questo massiccio montuoso senza altri impianti di risalita e dedicato proprio alla pratica dello sci alpinismo, dall'altra una parte degli organizzatori, proprio attraverso queste gare di rilievo internazionale, intendono proporre il Cavallo come "patria dello sci" e quindi da riempire di impianti di risalita ( oppure:...e quindi da dedicare a tutto lo sci, anche quello da discesa, creando le strutture necessarie). E i cambiamenti climatici ? E la discussione che si sta svolgendo in tutto l'arco alpino sul destino delle stazioni sciistiche invernali a bassa quota? E la crisi economica sempre più presente e pericolosa? Ma come si fan a non capire, e ormai lo dicono gli istituti di ricerca, le Università, gli economisti, che il futuro della montagna sta nello sviluppo di un turismo legato alla fruizione dell'ambiente naturale che non richiede grandi opere e grandi modifiche, con forti "sacrifici" ambientali? Pian Cavallo, con la sua sottointesa filosofia, è ormai il passato ed è ora di chiamare a raccolta chi ha desiderio ed idee di lavorare per il presente e per il futuro.

(Foto a cura di ViviDolomiti asd, Testo di Vittorio De Savorgnani)